Filosofie dell'umano

07 Aprile 2020

L’enigma dell’uomo costituisce sin dagli albori del pensiero occidentale l’oggetto di un’interrogazione mai risolta. In un periodo di crisi e di incertezza come quello attuale, in cui le salde convinzioni circa il ruolo dominante del soggetto nel mondo vengono drammaticamente messe in discussione, chiedersi chi l’uomo sia si rivela una domanda filosofica di straordinaria attualità. È in particolare l’esperienza dell’Umanesimo, che storiograficamente ha origine in Italia nella seconda metà del XIII secolo, ad attraversare i molti sensi di questa domanda sulla “realtà umana”. Un pervicace pregiudizio ha indotto per lungo tempo gli storici della cultura rinascimentale a limitare le energie intellettuali dell’Umanesimo ai campi della retorica, della grammatica, della filologia, dell’arte, della poesia e della storia. Come se la filosofia potesse sussistere indipendentemente e separatamente da queste esperienze.

Il nuovo numero monografico della rivista di filosofia «Paradosso», intitolato Umanesimo, Humanismus, HumanismeFilosofie dell’umano fra Rinascimento e contemporaneità, con la cura di Alberto Giacomelli e Sergio Givone, intende fornire delle chiavi di lettura plurali e inedite volte ad attraversare e a comprendere da una prospettiva filosofica ciò che costituisce il proprium dell’humanitas. In che termini la filosofia dell’Umanesimo dialoga con il nostro presente e ci invita a cercare noi stessi? Come ripensare il paradigma rassicurante dell’antropocentrismo alla luce della nostra finitudine? Lungi dal rappresentare un’armonica riproduzione antiquaria del modello classico, la lezione umanista, che il presente volume intende indagare e problematizzare, mette in luce natura instabile, inferma, costantemente esposta alla perdita dell’uomo, che è indefinibile, fragile, sradicato.
Si tratta quindi, in sintesi, di mettere in discussione teoreticamente lo stereotipo di un Umanesimo univocamente razionalista e di affrontare il problema della complessità della natura umana, convocando alcuni protagonisti decisivi del pensiero europeo.
Dando voce ad autori quali Platone, Terenzio, Cicerone, Ficino, Nietzsche, Husserl, Heidegger, Sartre, Arendt, Jaspers e Levinas, giovani studiosi e celebri protagonisti del panorama filosofico internazionale dalle pagine della rivista si propongono in questa prospettiva di provocare il lettore, nell’auspicio di stimolare nuove interrogazioni e discussioni.

Dall’Introduzione di Alberto Giacomelli e Sergio Givone

«Ripensare l’Umanesimo significa riconoscere la trasversalità di un movimento e di un progetto di formazione moderno, che nella sua declinazione francese di Humanisme, instaura con la trascendenza e con la visione cristiana medievale una relazione polemica che condurrà allo scetticismo di Montaigne e poi al radicale antropocentrismo ateo, ma anche alla formazione di un nuovo savoir scientifico. In ambito tedesco, l’Humanismus verrà d’altra parte a identificarsi con una Bildung votata alla filologia classica, che compendia l’idealismo antiquario di Winckelmann e gli studi sulla grecità di Wilamowitz-Möllendorff. Porsi nel solco delle ricerche sugli antichi inaugurate nell’Italia tardo-medievale e umanistica significa così, per i filologi ottocenteschi, riattivare una concezione della vita non più frammentata, decadente, senescente ed esausta, bensì chiara, naturale, armonica e pura. E tuttavia è proprio l’ingessante prassi filologica a non consentire, nella visione di Nietzsche, un’autentica Renaissance ellenica, di cui l’erudizione moderna non restituisce che una misera imitazione, una smorfia rozza e scolorita. Il compito impossibile di una rinascita del tragico, che Nietzsche smetterà di perseguire dopo La nascita della tragedia, stimola una domanda radicale sulla rinascita della stessa humanitas: è ancora possibile, alle soglie della contemporaneità, concepire il soggetto al centro, sulla scorta del simbolo leonardesco dell’uomo di Vitruvio? La crisi dell’assoluta autonomia e unità del singolo, che si decompone sotto i colpi dell’evoluzionismo di Darwin, del prospettivismo nietzscheano e della psicoanalisi, rende ancora legittimo evocare, nel Novecento, la categoria dell’“Umanesimo”? Posta nel pieno della crisi, che tocca il suo apice di disumanizzazione nel sistematico e capillare ingranaggio di annichilimento che furono i campi di sterminio, la domanda sulla possibilità di restituire un senso alla “realtà umana” si fa inderogabile. È sufficiente, ai fini di tale restituzione di senso, il ricorso all’immagine classica dell’uomo, alimentato dal cosiddetto “neoumanismo” sviluppatosi dalla scuola di Werner Jaeger? L’articolazione di una risposta – evidentemente negativa – alla presente domanda si trova disseminata fra le pagine del presente volume, che nella sua struttura composita, ma intimamente coerente, affronta temi che vanno dal neoplatonismo ficiniano alla problematica questione dell’humanitas in ambito contemporaneo.»

 

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