La cognizione del Bene

19 Dicembre 2024

Il tempo in cui viviamo pone questioni ardue e smisurate, che esigono, per essere comprese fino in fondo, di essere ricondotte alla loro radice storica e filosofica.
 
Può lo spaesamento dell’uomo contemporaneo essere sintomo di una crisi che attraversa la storia dell’Occidente e che si conclude con la morte del bene? Quel bene che gli antichi avevano congiunto con l’essere nell’ideale della vita buona e che oggi sembra nient’altro che un cimelio della filosofia?
 
Platone e Nietzsche, San Tommaso e Kant, Heidegger e Lévinas, un arco temporale che va dalla piena fioritura del pensiero greco antico fino alla più stretta contemporaneità, filosofi molto diversi tra loro, i cui interessi ed esiti sono spesso tanto lontani da apparire addirittura contrastanti: attraverso il confronto e il dialogo con questi e altri pensatori, perlopiù annoverati tra i classici della storia della filosofia, i contributi ospitati nel volume La cognizione del Bene. Prospettive storico-critiche per un’etica del presente, a cura di Martino Dalla Valle e Fabio Zanin, affrontano le urgenti sfide della contemporaneità, un’epoca, la nostra, che coincide con il tramonto del senso, di ogni norma, valore, fine o regola dell’agire che non sia la riproduzione e l’illimitata espansione del capitale stesso, l’ultimo dei grandi idoli metafisici salito alla ribalta nel nostro tempo.
 
Appare urgente una critica, o una nuova critica, dell’agire umano nell’epoca del completo dominio della tecnica e del capitale; serve un cambio di paradigma, una nuova, coraggiosa teoria della prassi in cui il bene non appaia più come il senso garantito dell’esistenza, ma come l’evento imprevisto, irriducibile a ogni calcolo, che scompagina l’ordine dell’esistente e rimette l’uomo al centro del dramma della libertà. Un’etica nuova, all’altezza delle sfide attuali, potrà sorgere solo da una nuova cognizione del bene.
 
Ma in che cosa consiste infine quello che abbiamo chiamato l’appello del bene? Cosa è richiesto oggi a una nuova cognizione del bene? Forse quello che è sempre stato il compito di ogni autentica filosofia, di ogni lógos del bene e della saggezza: riaprire lo spazio, da troppo tempo saturato dagli egoismi antagonisti, in cui possa finalmente aver luogo una nuovo e più sapiente rapporto tra gli uomini e fra l’uomo e la natura. In una parola, un nuovo èthos, un nuovo senso – ma un senso aperto, arrischiato e mai assicurato – dell’agire, del comune e della comunità, una nuova sapienza della Terra e della “terrestrità”, che non ignori la relazione tra l’esistente e l’imprevisto ma se ne faccia carico, perché il bene, qualsiasi cosa esso sia, non è un mero ideale ma ciò «la cui possibilità include l’esigenza della sua realtà».

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