La scena dell’architettura
Nel corso degli anni Il Poligrafo ha sviluppato uno specifico settore dedicato all’architettura e al territorio, con un catalogo articolato in diverse collane e pubblicazioni nate dalla collaborazione con atenei quali l'Università Iuav di Venezia, il Politecnico di Milano, l'Università di Parma, l'Università di Bologna. Queste pubblicazioni raccolgono gli esiti dell’attività di ricerca e della didattica, con volumi che spaziano dalla storia dell'architettura alla progettazione architettonica, dall’urbanistica al paesaggio, alla teoria della rappresentazione e al restauro.
Di recente sono state inaugurate due nuove collane che pongono attenzione all'analisi fra trasformazioni territoriali e quadro sociale ed economico delle comunità. L’uomo condiziona inevitabilmente le forme e gli spazi architettonici; così come le strade, le piazze, le vie, le città nel loro insieme, nel momento stesso in cui vengono percepite e vissute dall’individuo, influenzano il suo modo di agire.
La collana Architettura e città. Nuove forme dell’abitare diretta da Carlo Berizzi dell’Università di Pavia è nata come strumento di divulgazione scientifica sui temi legati al progetto architettonico e al suo ruolo nella definizione di nuovi modi di abitare in relazione ai cambiamenti culturali, ambientali, tecnologici e sociali che caratterizzano le società moderne.
«Mentre il pensiero moderno ha interpretato la città come una risposta funzionale ai bisogni dell’uomo, nella contemporaneità essa cerca di riconquistare anche un ruolo culturale che tende ad elevare sempre più la qualità della vita. Tra i fattori di novità che riguardano gli spazi aperti delle città contemporanee, spicca la perdita di significato della divisione netta tra spazio aperto pubblico e spazio privato su cui era basato lo sviluppo storico della città. Una nuova forma di spazio – quello collettivo, che rappresenta il luogo percepito dai suoi fruitori come bene comune al di là della sua origine o proprietà – diviene il protagonista della vita quotidiana».
Così scrive Carlo Berizzi nel volume che apre la collana dal titolo Piazze e spazi collettivi. Nuovi luoghi per la città contemporanea. In queste parole è racchiuso il senso della ricerca dell’autore: nonostante viviamo all’interno di una realtà quasi totalmente immersa nel virtuale, non viene meno il bisogno di incontrarsi e confrontarsi fisicamente in quelli che Berizzi definisce “spazi collettivi”.
“Quali sono le piazze contemporanee? Quali funzioni le contraddistinguono? Come sono vissute dagli abitanti e cosa vi ricercano?” sono i quesiti sui quali si interroga l’autore analizzando molteplici casi studio, nazionali e internazionali, alla ricerca di figure dello spazio aperto in grado di coniugare socialità, nuove forme di mobilità, qualità urbana ed ecologia.
La città di Milano è uno dei casi su cui Berizzi si concentra maggiormente, sottolineando come gli spazi pubblici abbiano assunto un ruolo sempre più strategico, attraverso una rivitalizzazione delle aree vecchie e periferiche e un’esaltazione di quelle più nuove e centrali.
La collana Il progetto dell’archè, diretta da Carlo Quintelli dell’Università di Parma con un comitato scientifico internazionale, si pone come luogo privilegiato per pensare al progetto come esperienza che produce nuova origine attraverso la consapevolezza dell’origine, e quindi di un voler essere sempre storicamente compreso. Architetti, archeologi, storici, artisti e altre figure impegnate sul piano del progetto interpretativo, anziché del disvelamento di realtà nascoste o della trasformazione fisica e formale di un contesto, possono mettere a confronto, in questa collana, esperienze anche assai differenti ma accomunate nel proprio operare dalla necessità ontologica dell’origine; sarà possibile così avvicinare modi alternativi e avanzati di intendere la trasformazione della realtà.
Nel primo volume della collana, L’Abbazia archivio museo laboratorio. Un progetto architettonico per lo CSAC, Carlo Quintelli descrive l’ultima fase di un lungo percorso progettuale: quello che ha portato al recupero architettonico e di allestimento di una delle ultime abbazie cistercensi costruite in Italia alla fine del XIII secolo. Si tratta dell’abbazia di Valserena, che ritorna a nuova vita diventando sede dello CSAC, il Centro Studi e Archivio della Comunicazione dell’Università di Parma. Il patrimonio custodito all’interno del luogo propone oltre dodici milioni di pezzi costruiti e conservati dai primi decenni del XX secolo fino ad oggi. Le opere sono riconducibili a diversi settori: dall’arte, alla fotografia, passando per i media e il mondo della moda. Un archivio unico in Europa, caratterizzato da aspetti semantici talvolta autonomi, altre volte interconnessi e concatenati. L’abbazia cistercense, conosciuta anche come “Certosa di Paradigna”, viene descritta da Carlo Quintelli attraverso due termini: emozioni e dialettica. Le opere presenti sono in grado di determinare nell’osservatore stimoli e sensazioni che vanno oltre la semplice osservazione del momento. Si tratta di una continua dialettica tra contenuto e contenitore, che si protrae anche al di fuori della struttura.
Il secondo volume della collana, di imminente pubblicazione, Fondare e ri-fondare. Parma, Reggio e Modena lungo la via Emilia romana è a cura di Alessia Morigi e Carlo Quintelli. Oggetto della ricerca – che muove dal caso di Parma nonché Reggio Emilia e Modena, ma in generale tutto il sistema delle città romane lungo l’asse poleogenetico della via Emilia – è il significato e il senso della fondazione di una città, intesa quale luogo comunitario in cui si vive e cui si appartiene. La fondazione di una città sicuramente ci parla dei termini di necessità dell’epifania urbana, stabilendo così le forme prime dell’essere di una città. Allo stesso tempo però l’atto fondativo non può dirsi concluso e anzi continuamente rivive rigenerandosi in quel processo di trasformazione che interpreta i successivi stati di necessità della città attraverso i secoli. Da qui il tema di un’origine che si fa strumento di caratterizzazione del divenire della città, dove al dato fondativo segue la (dis)continuità storica di quello ri-fondativo.