La scrittura di viaggio di Goffredo Parise si screzia attraverso questo contributo in una visibilità nuova e ulteriore. La riproposizione dei due interventi che, in anteprima, dalla prospettiva di una Parigi dei pieni anni Cinquanta, inaugurano il pervicace legame che il narratore vicentino intratterrà poi con la forma del reportage, rende possibile focalizzare il punto di innesco di un modulo stilistico di singolare spessore creativo, dove il letterario dialoga intensamente con il visivo.
Quello che si staglia è il profilo di una città percorsa dai fantasmi della modernità, letta e insieme negata allo sguardo. Filtrata anche grazie al magistero comissiano, essa diviene, così, il luogo retorico per eccellenza “altro”, da cui risulta possibile affacciarsi per tentare l’interpretazione di una propria identità intellettuale.
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