In questo saggio giovanile Ettore Luccini sembra mettere in rilievo e dare forma al proprio personale umanesimo, intriso di pacifismo tolstoiano e di un’acuta sensibilità verso i temi sociali. Collegandosi al retroterra dei propri studi giuridico-filosofici, ma anche sapendo cogliere stimoli spesso estranei, o marginali, nel dibattito culturale dell’Italia fascista, Luccini si confronta con il pessimismo di Pestalozzi, spinto dalla volontà di indagare la radice psicologica del male umano. Tuttavia, al pari del grande pedagogista, Luccini continuerà ad essere animato da una profonda fiducia verso la possibilità di migliorare la società e le persone, valorizzando la funzione educativa del diritto e una “religione” pedagogica in base alla quale l’individuo possa essere e sentirsi come “opera di se stesso”, in un confronto puntuale dell’opera di Pestalozzi con Rousseau e la filosofia idealistica tedesca.
Le idee politiche e sociali di G.E. Pestalozzi
Ettore Luccini (1910-1978) rappresenta una singolare figura di filosofo, educatore e politico. Negli anni ’30 fece parte del Gruppo Universitario Fascista, collaborando, insieme ad Eugenio Curiel, al giornale universitario «Il Bò». Negli anni ’40 si accostò al marxismo ed entrò in contatto con il PCI, impegnandosi concretamente nella Resistenza. Insegnò per quarant’anni storia e filosofia nei licei classici “Antonio Canova” di Treviso e “Tito Livio” di Padova. Tra il 1956 e il 1960 diede vita e diresse a Padova il «Circolo del Pozzetto», avviando e realizzando con mostre d’arte, conferenze-dibattito e manifestazioni musicali un programma intenso e di alto livello che anticipò proposte artistiche e temi di dibattito che occuperanno la scena culturale italiana negli anni successivi.