Il recentissimo progetto di Burelli per il Castello di Heidelberg si presenta come una critica radicale al concetto di “rovina”, un disegno destinato a prendere forma su un poderoso rudere mitizzato dal romanticismo e dalla storia tedesca e perciò ritenuto intoccabile, al punto da non poter essere in grado di accogliere “nuova vita”. Quello di Burelli, evidenziato in questo progetto, è invece un linguaggio che si è evoluto ed è maturato fino ad assumere e dispiegare la grammatica, la sintassi, i vocaboli, la dignità di una lingua letteraria. Un simile sviluppo potrebbe apparire un “peccato” solo agli occhi di alcuni architetti modernisti, dediti fanaticamente al design come a una sorta di religione, ma non per la comunità degli utenti, che possono intendere quel linguaggio proprio come si intende una lingua madre.
(0)