Il modo d’essere del vivente, ovvero il modo d’essere di ciò che non è prodotto della tecnica ma non è neppure coincidente con l’umano, costituisce uno dei luoghi tematici attraverso cui la riflessione heideggeriana intende far emergere lo “scivolamento” metafisico della natura nella tecnica, la riduzione di quella a questa.
Pensare il vivente nel suo modo d’essere significa, per Heidegger, pensare la peculiare forma di rapporto che il vivente istituisce con il proprio ambiente, ovvero, detto diversamente, l’incapacità da parte del vivente di potersi in senso proprio rapportare al mondo. Solo percorrendo questa via è possibile una determinazione del modo d’essere del vivente che, muovendosi alle spalle della sua considerazione “scientifica” e “tecnica”, consente nel contempo una distinzione di esso non solo rispetto all’artefatto, ma anche rispetto all’uomo.
L’analisi qui proposta ricostruisce tre tappe fondamentali dell’itinerario heideggeriano relativamente alla questione del vivente, portandone alla luce coerenza e problematicità: dall’essere-nel-mondo, entro le cui coordinate il vivente è compreso nell’orizzonte di Sein und Zeit, per giungere all’assenza di mondo, che costituisce invece il tratto costitutivo del vivente che non è l'uomo a partire dai Beiträge zur Philosophie.
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