Qual è stato il ruolo dell’arte nella definizione di un’identità coloniale italiana? Si tratta di un argomento di straordinario interesse, finora solo marginalmente sondato. L’espansionismo coloniale italiano, iniziato negli anni ottanta del XIX secolo, procedette fra avanzamenti, arretramenti e riprese fino alla Seconda Guerra mondiale, includendo l’Eritrea, la Somalia, la Libia e l’Etiopia. Massiccia in quegli anni fu la produzione di immagini che dovevano promuovere e rendere popolare l’Africa e gli africani, nell’ambito di un battage mediatico che toccò stampa, editoria, istituzioni e soprattutto le numerose esposizioni coloniali che ebbero luogo durante il sessantennio dell’avventura italiana d’oltremare. Queste esposizioni vengono qui ricostruite – con l’ausilio di cataloghi, riviste, fotografie e documenti dell’epoca – per valutare dipinti, sculture e allestimenti: l’analisi dei soggetti, dei mutamenti di gusto, la maggiore o minore incidenza a livello statistico delle opere esposte mostrano come l’arte sia entrata organicamente a far parte di questa speciale macchina propagandistica e come si sia precisato nel corso del tempo il concetto di “arte coloniale”, intesa come l’insieme delle manifestazioni artistiche finalizzate a rendere familiari, per gli italiani, gli acquisiti domini africani.
La storia che ne è scaturita ha fatto emergere una quantità di personaggi e opere di cui si era quasi persa la memoria, ma che hanno contribuito in modo decisivo alla costruzione dell’immaginario coloniale nel nostro Paese.Immancabilmente l’arte, in tutte le sue forme, si rivela come imprescindibile strumento per leggere e interpretare a pieno la storia della nostra nazione.
Esporre l’Italia coloniale
Interpretazioni dell’alterità
regesto delle esposizioni di Priscilla Manfren e Chiara Marin
Giuliana Tomasella insegna Storia della critica d’arte e Museologia presso il Dipartimento dei Beni Culturali dell’Università di Padova; è attualmente direttore del Centro di Ateneo per i Musei. Le sue ricerche si sono concentrate sulla revisione del concetto di modernità all’indomani del primo conflitto mondiale e sulla politica espositiva negli anni del fascismo. Si è inoltre dedicata allo studio del dibattito artistico sulle riviste italiane e straniere fra Otto e Novecento e all’analisi degli scritti di alcuni importanti critici, come Diego Valeri, Rodolfo Pallucchini, Lionello Venturi, Giuseppe Fiocco, Max Jacob Friedländer. Negli ultimi anni si è aperta alla riflessione sugli esperimenti di museografia sociale e partecipativa, con particolare riferimento a progetti in corso in Brasile e in generale in America Latina. Fra i suoi lavori: Biennali di guerra. Arte e propaganda negli anni del conflitto (Padova 2001); Diego Valeri, Scritti sull’arte (a cura e con introduzione di G. Tomasella, Venezia 2005); Rodolfo Pallucchini, Scritti sull’arte contemporanea (a cura e con introduzione di G. Tomasella, Venezia 2011); Lionello Venturi e l’arte veneta (1907-1915) («Annali di Critica d’Arte», 2015).
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