Già storico dei briganti dei Colli Euganei e degli anarchici e “ricuperante” – in chiave narrativa – di storie di vita e di personaggi della Bassa fra inizio secolo e secondo dopoguerra, Tiziano Merlin ha messo a frutto, per la Storia di Monselice dall’unificazione ai nostri giorni, la sua triplice personalità di “indigeno” profondamente radicato nei luoghi, di studioso storico-politico e di narratore pietoso di un rustico “mondo offeso”. Ne è uscito un libro che si legge d’un fiato, ricchissimo di personaggi, tipi e macchiette: un vero teatro del mondo, dove la dimensione microstorica dispiega tutta la sua forza rivelatrice, senza soggiacere a municipalismi fuori luogo, permettendo di mettere a fuoco arcipreti e sindaci, vicende amministrative e competizioni elettorali, la disoccupazione e il lavoro, la vita di caffè e d’osteria, i balli, le filodrammatiche, la vita nelle case e nelle strade. Con la sua rigorsa documentazione, questa Storia di Monselice sul filo delle generazioni otto e novecentesche non poteva essere sempre idillica e compiaciuta, come troppo spesso usano essere le storie locali. È un “libro di famiglia” che si rivelerà forse, alla lettura, non privo di asprezze. Come è giusto che sia in una ricostruzione storica rispettosa dei fatti.
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