Nel centro storico della città di Padova, tra il Palazzo del Bo e il Caffè Pedrocchi, esisteva un salone interamente decorato e arredato in stile Liberty. Si trattava della sala da pranzo dello Storione, celebre albergo-ristorante costruito nei primi anni del Novecento all’interno di Palazzo del Gallo, edificio polifunzionale in stile eclettico edificato tra il 1892 e il 1904. Oggi quel gioiello della belle époque, protagonista di una travagliata e lunga vicenda, non esiste più. L’ultimo atto di questa storia si conclude nel 1962, quando, per costruire la sede centrale della Banca Antoniana, fu demolito l’intero Palazzo del Gallo.
Il salone fu decorato tra il 1904 e il 1905 da Cesare Laurenti, uno dei protagonisti dell’arte veneziana e italiana tra Otto e Novecento. L’incarico dello Storione rappresentò per Laurenti un’occasione importante per almeno due ragioni: avrebbe affrontato il tema della rinascita della bellezza antica e dimostrato la validità artistica della sua tempera, la “tempera Laurenti”.
In sintonia con l’impiego più moderato delle sinuosità Art Nouveau in voga in Italia, Laurenti scelse di rappresentare un rigoglioso giardino ricco di foglie e frutti di melograno, all’interno del quale prendeva vita la danza festosa di giovani fanciulle ridenti. Un tripudio di colori, fiori e stoffe vaporose per anni accolse e meravigliò gli ospiti dello Storione. Ma il suo incanto incominciò ben presto ad appannarsi. I fumi e i vapori della sala ristorante furono solo i primi nemici di quest’opera d’arte.
Insieme ad essi si susseguirono negli anni controversie economiche e legali, noncuranza e disinvolte innovazioni urbane, f ino a quando l’intera decorazione venne irrimediabilmente smantellata, rinchiusa in casse di legno e depositata nei magazzini sotterranei di Palazzo Liviano.
Di questo raro esempio di Liberty padovano non ci restano che qualche foto e i frammenti restaurati: tre teste di danzatrici appese all’ingresso dell’ex Banca Antoniana e trenta tavole del soffitto in deposito ai Musei Civici di Padova. Dunque solo l’immaginazione potrà ricostruire la bellezza e il fascino d’epoca del ristorante Storione.
Lo Storione
Il gioiello liberty che non c’è
Virginia Baradel è storica dell’arte. Ha collaborato con varie istituzioni, in particolare con la Fondazione Scientifica Querini Stampalia di Venezia e i Musei Civici di Padova. Ha condotto studi e curato mostre su vari temi del Novecento: dal “Premio Marzotto di Pittura 1954-1968”, ad “Artisti ed arazzi del ’900”, da "Ultrapop" a “La grande svolta. Viaggio in Italia negli anni Sessanta”. In “Novecento privato. Arte italiana con vista su Padova” ha presentato pittori e scultori coinvolti nel cantiere universitario novecentista, tema che ha approfondito nel contributo pubblicato nel 2020 nella rivista «Venetica». Numerosi gli artisti di cui si è occupata con mostre, contributi in catalogo e articoli: tra questi Felice Carena, Mario Sironi, Gino Severini, Ubaldo Oppi, Italo Valenti, Osvaldo Licini, Marcello Mascherini, Ennio Morlotti, Mario Schifano, Per Kirkeby, James Lee Byars, Yoko Ono, Giulio Paolini, Eliseo Mattiacci, Nagasawa. Si è interessata in modo particolare all’arte padovana del secolo scorso: suoi i contributi sulla pittura a Padova nei volumi della collana Electa “La pittura nel Veneto” dedicati al Novecento. Gli studi sul primo Novecento hanno fornito nuove conoscenze sugli anni patavini di Umberto Boccioni, Ugo Valeri e Felice Casorati, sfociati in pubblicazioni e mostre. Ha collaborato con le riviste «Tema celeste», «Op. Cit.» e «Venezia Arti». Collabora alla pagina di cultura dei Quotidiani NEM. Con Il Poligrafo ha pubblicato Boccioni Atto Primo. Pene dell’anima e la vocazione giovanile per la scrittura (2017).