A Srebrenica, città della Bosnia-Erzegovina, l’11 luglio 1995 si consumò il più cruento eccidio in Europa dalla fine della Seconda Guerra mondiale: dodicimila civili furono deportati, uccisi e buttati in fosse comuni, in una guerra che le unità militari serbe definivano “bonifiche del territorio”, laissez-faire europeo e internazionale. Da una toccante storia di amicizia si dipana, tra epos della vita e amore spezzato dalla guerra, una trama inquietante sulle sorti europee, in cui i protagonisti, Vedran e Lejla, morti in quel giorno a poche settimane dalle loro nozze, svolgono, vicendevolmente, la voce di un io-narrante, percorrendo l’Europa da Sarajevo ad Auschwitz, a Berlino; da Maastricht, scendendo nelle Fiandre, a Reims, Parigi, Chartres, sino a Barcellona, toccando infine Lisbona e Porto, in un itinerario immaginato dall’autore per i suoi amici perché vivano ancora…
Ne affiora un territorio imbalsamato dalle finzioni della pace, denominata “tregua”, “armistizio”, “fine delle ostilità”: è l’Europa, assaltata nella sua epopea di terra promessa da forze centripete nello scontro e centrifughe nel dissolvere l’identità di una memoria collettiva. Al termine del viaggio, Vedran e Lejla arriveranno alla foce del fiume, il Tartaro della notte, per scoprire nell’amore un vincolo di unione e di fede, in un’Europa promessa perché comune traguardo di pace per ebrei, cristiani, mussulmani.
In Srebrenica, romanzo e poesia, affreschi umani e struggente narrazione lasciano emergere il cammino di un popolo, tra età omerica e viaggio dantesco del XXI secolo, in cui il lettore si ritroverà al centro di un ritmo incalzante di tradizioni e immagini, scorcio di luce nella letteratura contemporanea: un poema composto come una sinfonia, narrato con forza suggestiva romanzesca nel mezzo di illusioni, infatuazioni, fughe, speranza e suoni della vita, sino a ricomporsi la storia in un epicentro comune: raggiungersi per amarsi, e vivere insieme.