Gli antichi eroi dell’epica sono parte del nostro immaginario e le loro imprese rivivono da secoli nei testi più suggestivi e celebri della nostra letteratura. Per i cantori della Grecia arcaica e per il pubblico che li ascoltava, tuttavia, non era così: ogni canto apparteneva a una tradizione “viva” e rappresentava sempre un’esperienza nuova per chi vi assisteva.
Questo saggio affronta i problemi della composizione e della ricezione dell’epica arcaica da una prospettiva oralistica e propone un’indagine sugli strumenti tradizionali con cui gli aedi creavano davanti al loro uditorio le storie e le figure degli eroi.
Le oimai, le trame famose della saga, guidavano il cantore, che su queste tracce – attraverso le sequenze aperte dei temi e dei motivi, il linguaggio denso di significati delle formule e la potenza delle similitudini – cantava le gesta e illustrava le virtù dei suoi protagonisti. Si narrava soprattutto della guerra e della violenza, ma se erano le sofferenze infinite degli eroi a generare il canto, esistevano anche le vicende reali o fantastiche dei Ritorni. Il kleos (la gloria) delle imprese si manifestava nei segni e si diffondeva senza fine nello spazio e nel tempo con la voce dei racconti e dei canti.
(0)
