Il «Giardino all’inglese» di Palermo

Un esempio romantico nel cuore del Mediterraneo

Un polmone verde nel cuore della città, un laboratorio botanico di specie vegetali scoperte, importate, riprodotte, studiate. E ancora statue, serre, architetture che nelle loro fattezze guardano alle radici della nostra civiltà occidentale e ai simbolismi numerici che rimandano all’Oriente. Inquadrature naturali prodotte dalla mano dell’uomo, l’artificiale spontaneità del paesaggio naturale ricreata per arricchire l’orizzonte urbano. Un intreccio che, nel farsi della storia, pone insieme architettura e scultura.
Negli anni Cinquanta dell’Ottocento, in una Palermo colma di inquietudini e contraddizioni, che inizia a vivere la nuova stagione dell’Unità d’Italia, l’architetto Giovan Battista Filippo Basile contribuisce con le sue opere – tra le quali il Teatro Massimo – a forgiare l’immagine della città, assecondandone la costante tendenza all’espansione e al rinnovamento. Un cambiamento testimoniato anche dal progetto che Basile – affiancato da un botanico e da un architetto, entrambi di grande competenza – fa per il «Giardino all’inglese», oasi verde per una realtà sempre più urbanizzata, sulla scia delle innovazioni che stanno trasformando le grandi città europee, prime fra tutte Parigi e il nuovo assetto che le darà il barone Georges Eugène Haussmann.
Un giardino che vuole essere parte integrante della vita quotidiana del cittadino, che abbandona la regolarità della disposizione all’italiana per aprirsi alla contaminazione, all’inaspettato. Un giardino dall’intrinseca singolarità: per chi non ne conosce la vicenda, non uno ma due, l’uno opposto all’altro, essendovi tra essi una strada.
Incisivi i mutamenti che subisce la città, le due guerre, la distruzione, il suo lento risollevarsi. Ma il Giardino è lì pronto, per chi vuole veramente “vedere”, a raccontarci la sua storia, a dirci del perché del suo fascino e di quanto, se ben custodito, da esso si può imparare.
Il volume – grazie ai contributi di studiosi di diversi ambiti e a un ricchissimo apparato iconografico – attraversa la storia del «Giardino all’inglese» di Palermo dalla sua genesi alle varie trasformazioni che l’hanno segnato, dal patrimonio che custodisce ai miglioramenti che potrebbero essergli destinati, ripercorrendo la storia unica di un giardino romantico racchiuso nel cuore del Mediterraneo.

Antonietta Iolanda Lima, architetto, già professore ordinario di Storia dell’architettura presso l’Università degli Studi di Palermo, ha posto al centro dei suoi interessi comprensione e rispetto per l’ambiente e il paesaggio. Promotrice di collane di storia dell’architettura e di eventi culturali di respiro internazionale che scardinano i confini fra le discipline per un’architettura democratica e creativa, è autrice di numerose pubblicazioni, tra le quali: L’Orto Botanico di Palermo, 1978; La dimensione sacrale del paesaggio, 1984; Frank O. Gerhy: American Center, Parigi 1997; Le Corbusier, 1998; Soleri. Architettura come ecologia umana, 2000 (ed. inglese Monacelli Press, New York; menzione speciale Premio europeo 2001); Soleri. La formazione giovanile 1933-1946. 808 disegni inediti di architettura, 2009; Per una architettura come ecologia umana. Studiosi a confronto, 2010; L’architetto nell’era della globalizzazione, 2013; Dai frammenti urbani ai sistemi ecologici. Architettura dei Pica Ciamarra Associati, Milano 2017 (ed. inglese Axel Menges 2019); Bruno Zevi e la sua eresia necessaria, 2018; Giancarlo De Carlo. Visione e valori, 2020; Frugalità Riflessioni da pensieri diversi, 2021. Il suo archivio è stato dichiarato di notevole interesse storico dal Ministero dei Beni Culturali.

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