Le ripetute decadenze e le effimere rinascite dell’Arsenale in quanto stabilimento navale hanno marcato il ritmo della vicenda storica della Venezia ottocentesca e novecentesca, come nei secoli precedenti.
Il saggio ripercorre alterne vicissitudini rimetabolizzate da un continuo travaso di significati politici e identitari tra il cantiere monumentale, quello navalmeccanico e la raccolta di armi e trofei bellici ospitata sin dai secoli della Serenissima, in parte confluita in quel Museo Storico Navale che nacque come “unico” museo della Marina nazionale per restare tuttavia, dopo accese polemiche, pesantemente condizionato in senso “municipalistico”.
Arsenale e Museo Storico Navale di Venezia
Mare, lavoro e uso pubblico della storia
Filippo Maria Paladini (Venezia 1969) è ricercatore presso il Dipartimento di Studi Politici dell’Università di Torino, e insegna Storia dello Stato moderno e Storia moderna a Scienze politiche e a Scienze strategiche (Scuola di applicazione e Istituto di studi militari dell’Esercito italiano). Si occupa di storia delle istituzioni politiche e sociali tra l’età moderna e quella contemporanea, con particolare attenzione all’area adriatica e alla storia di Venezia e del suo dominio. Tra le sue pubblicazioni: Un caos che spaventa. Poteri, territori e religioni di frontiera nella Dalmazia della tarda età veneta (Venezia, Marsilio, 2002); Canottieri e remiere (Padova, Il Poligrafo, 2005); Francesco Foscari. Dispacci da Costantinopoli, 1757-1762 (Venezia, La Malcontenta, 2007).